TURTLÈN OF WAR – WWI
L’aria intorno normalmente avrebbe saputo di ozono, ma era sovrastata da una cacofonia di odori fra cui spiccavano le note decise della polvere da sparo, del sangue e della merda.
“Biandrotti! Biandrotti! Dove si è cacciato? Giuro su Dio e sul Re che se non si presenta da me entro cinque minuti il suo nome salirà al primo posto nella lista di quelli da fucilare!”
A urlare le parole che rimbalzavano sulle pareti di fango della trincea malmessa era stato il tenente Oscar Melotti, un tipo che dichiarava origini nobili e che era giunto in prima linea da appena due settimane direttamente dalle retrovie, un luogo che si capiva avrebbe voluto rivedere al più presto.
Era il sesto tenente degli ultimi quattro mesi e tutti i veterani sapevano che era solo questione di poco tempo prima che arrivasse il settimo e poi l’ottavo e poi il nono.
I cecchini austriaci avevano fiuto per i tenenti, bisognava concederglielo.
“Biandro, guerda mò, a’ję al tenant cat zairca!” a dirlo sgomitando la grossa massa di stracci rigidi dal freddo che gli stava a fianco era ‘Il Malvagio’, un ragazzino appena ventenne che era arrivato con uno dei gruppi di sbandati bolognesi in rotta da nord. Il vecchio soldato lo aveva preso in simpatia ed era solo per quello che era sopravvissuto agli ultimi tre assalti.
“Biandro! Turtlèn! BIANDRO!“ altra gomitata, più forte.
“MMMGNORCODELDIOVUOI??” il Biandrotti era famoso per essere un tantinello nervoso appena sveglio.
Era un tantinello nervoso praticamente sempre.
D’altronde era qui dall’inizio del conflitto ed erano solo in due ad avere quel record in tutta la compagnia.
L’altro era un cadavere putrescente in cima alla collinetta del fronte di sinistra che era rimasto incastrato nel filo spinato.
Il ragazzo si indicò con l’indice l’orecchio, mentre la voce del Melotti risuonava nell’aria soave come il fischio di un proiettile di mortaio.
“Biandrottiiiiii!”
Il gigante si alzò a fatica (dove ‘alzarsi’ sta per: ‘si mise a gattoni’) e strisciò verso il graduato lasciandosi dietro una scia di bestemmie, a mò di bava di lumaca.
“RRRGCODIOMANDI, SIGNOR TENENTE!”
“Biandroooo…oh eccola finalmente! Ma le pare il caso di presentarsi con l’uniforme in questo stato e la faccia cisposa? Vivaddìo un po’ di decenza! Capisco che per voi campagnoli della bassa lombarda sia difficile avere una nobiltà d’animo tale da capire che…”
Melotti andò avanti per qualche minuto, prima di venire convinto da qualche qualche madonna ben assestata che era il caso di arrivare al punto.
“…bhe ecco vede, è arrivato l’ordine dal comando centrale di verificare lo strano fenomeno di luci a ovest, il timore è che una squadra di austriaci sia rimasta nella terra di nessuno dopo gli ultimi attacchi e che stiano lavorando per smontare il reticolato.”
“VIENE ANCHE LEI?”
“No vede…io sono una risorsa strategica troppo importante per essere impiegata in un compito di ricognizione del genere e comunque le mie doti tattiche verranno impiegate nell’assalto che vi fornirà una minima copertura per poter con italico sprezzo del pericolo sfondare la resistensa e…”
“LEI GUIDERÀ IL PROSSIMO ASSALTO? ANDIAMO BENE.
IO VADO, MA IL MALVAGIO VIENE CON ME CHE HA PIÙ SPERANZE DI CREPARE BENE!”
Qualche metro più indietro si sentirono una sequela di colorite imprecazioni bolognesi che valevano come un’esultanza.
“Ma certo Biandrotti, si porti pure dietro chi vuole, l’importante è che mi possa garantire al suo ritorno che non stiamo venendo aggirati, perchè ora lei che è un gregario non può comprenderlo, ma tatticamente sarebbe un disastro perchè come indicano i trattati di…”
Una bestemmia tranciò il resto del discorso.
“Cal quajon dal tenant al preferes la guera a la ricognizion. perfet!”
“TU STAMMI ATTACCATO COME LE PULCI CHE HAI NEL CULO E AL RESTO PENSO IO. SE SI DEVE CREPARE L’IMPORTANTE NON È DOVE SUCCEDA MA SOLO CHE SUCCEDA IN FRETTA, FIDATI”
“Me ed te um fid, parchè s’in t’an gnianch sparè in c’al panza da ninen ai s’rà un parchè”
Uno scappellotto fece volare per terra ridendo Il Malvagio ed era la prova che Biandrotti stava scherzando a suo modo.
Altrimenti non si sarebbe rialzato.
I due andarono avanti strisciando per diverse centinaia di metri, superarono una decina di cadaveri fatti a pezzi dall’artiglieria, i crateri dentro cui avevano provato a nascondersi e dietro una cresta iniziarono a vedere i bagliori che stavano preoccupando il comando.
“Vadett c’la lus là in fond?”
“DIOCANE NON SONO CIECO RAGAZZO! C’È QUALCOSA DI STRANO COMUNQUE, LE LUCI SONO A MEZZ’ARIA, NON SUL TERRENO.”
Dopo aver strisciato per un altro po’ i due arrivarono praticamente sotto le due strane luci azzurre che volteggiavano a mezz’aria su un cratere più grosso degli altri. Ci si tuffarono dentro di fretta per non essere dei facili bersagli, non appena sentirono in lontananza il fischietto del tenente che annunciava la carica.
Tra i vari pezzi d’uomo sparsi in terra ce n’erano alcuni vestiti in modo strano. Nessuna divisa, nessuna maschera antigas.
Sembravano quelli di un civile ma il Biandrotti non era più così certo di ricordare cosa fosse ‘un civile’.
“Guerda mo’ lè, xsè cal zavaj c’al fa lus!”
Il Malvagio si allungò per raccogliere un braccio mozzato all’altezza della spalla. Quando lo raccolse si ricordò improvvisamente che non mangiava del pollo esattamente da due anni e mezzo.
La cosa lo fece sorridere.
“PASSA UN PO’ QUA STA MERDA!”
Quando la manona di Biandrotti toccò lo smartwatch al polso del cadavere le luci scomparvero di botto, lasciando i due nell’oscurita più completa fatto salvo per una strana immagine tridimensionale volteggiante sullo schermo che ritraeva un uomo a una finestra che osservava il tramonto.
Poi partì il messaggio registrato:
“A tutti i combattenti del Regio esercito italico! So che queste parole vi suoneranno strane e incomprensibili ma ascoltatele!
Il mio nome è Marco Filippucci e sono un dottore in fisica nato nel 1986, a circa un centinaio di anni dal momento in cui vi trovate voi. So che pare incredibile ma i ‘transfughi’ legati al bracciale temporale potranno convincervi meglio di me.
Troverete informazioni importanti all’interno dei bracciali quando questi verranno consegnati agli obiettivi dei transfughi, ma quello che voglio dire ora intendo dirlo a tutti, dal soldato di fanteria più semplice fino al generale con più stellette.
Quello che state guardando nell’immagine è il Ministro dell’Interno della Repubblica italiana del vostro futuro e del mio presente.
Chiedetevi: vale la pena dare la vita per quello che verrà?
Se seguite le istruzioni dei transfughi potremmo fermare questo scempio!”
Biandrotti schiacciò con le dita enormi il congegno a lui sconosciuto per qualche secondo, fino a bloccare il messaggio.
Osservò per parecchio tempo l’immagine dell’uomo gonfio, barbuto e pacioso che guardava bovinamente fuori dal vetro.
Poi (sforzandosi moltissimo) lesse le frasi al di sotto della foto.
Quello era un uomo che a detta dello strano messaggio era un Ministro della ‘Repubblica’ italiana, non del Regno.
La Repubblica.
Partì un fascio di luce dal bracciale e nella testa del gigante si riversò un flusso di informazioni. Comizi, notizie, status di Twitter.
Aveva combattuto per quello?
Aveva ammazzato per quello?
Aveva visto morire così tante persone da avere perso il conto per…quello?
“NO, DIODELPORCO! NO!” sbottò alzandosi, infischiandone di eventuali cecchini appostati.
“Biandro dove vai? Turtlèn? BIANDRO!”
“VADO AL COMANDO DELLA MADONNA DI DIO! IO PER STA ROBA NON HO PIÙ INTENZIONE DI AMMAZZARE NESSUN CRISTIANO!”
Il gigante si avviò a passo svelto e pesante verso le retrovie, il suo stesso tragitto lo stavano facendo in molti.
Qualche transfugo era sopravvissuto al viaggio.
C’erano speranze.