In attesa degli altri trasmettiamo musica da ballo.
19 marzo 1946: settantatrè anni che possono trasformare tantissime cose in un polveroso ricordo in bianco e nero.
L’Italia è appena uscita insieme al resto del mondo dalla guerra, le sue distruzioni e i suoi massacri sono ancora una ferita aperta sotto agli occhi di tutti e la gente alterna la felicità per essere sopravvissuta a un presente fatto di fame, povertà e incertezza per il futuro.
Il mezzo di trasporto più comune fra le macerie fumanti è la bicicletta e non è un caso se LO sport per antonomasia è il ciclismo, che tutti seguivano prima che schivare bombe e pallottole diventasse il gesto atletico più importante.
Nel tentativo di ridare al paese un senso di normalità una delle prime competizioni che viene organizzata è la Milano-Sanremo, gara che nel 1946 è alla sua prima edizione postbellica fra strade quasi impraticabili, crateri di bombe non ancora riempiti, fiumane di gente e due giganti come Coppi e Bartali che divorano sotto i copertoni un chilometro dietro l’altro.
La voglia di dimostrare alla gente che i massacri e la paura sono DAVVERO terminati è talmente tanta che già dopo poco dalla partenza il francese Lucienne Teisseire parte in volata, trascinandosi dietro un gruppetto di inseguitori che vengono lasciati andare fra le risatine del resto dei corridori con la consapevolezza che partire così presto a quell’andatura è una cosa folle.
Il problema è che dietro Teisseire c’è anche Fausto Coppi.
Dopo aver letteralmente bruciato il francese sul passo del Turchino, il corridore italiano si ritrova completamente solo al comando della gara, talmente solo che narra la leggenda che nei dintorni di Imperia qualcuno lo informa di quanto vantaggio abbia accumulato sul secondo e lui per tutta risposta SCENDE DALLA BICICLETTA PER CONCEDERSI UN CAFFÈ AL BAR.
Giunto al traguardo il distacco è così mostruoso che Nicolò Carosio, il radiocronista che sta seguendo la gara, se ne deve uscire con: “Primo Fausto Coppi, in attesa di altri concorrenti trasmettiamo musica da ballo“.
Quattordici minuti di musica.
-Il tutto sfuma fra le note-
23 luglio 2010: Antonio Di Pinto sparisce dai campi pugliesi in cui ha lavorato per tutta una vita, mettendo in apprensione amici e familiari (tutti caratterizzati stupendamente) che non riescono a venire a capo di cosa può essere capitato a una persona così normale e senza grilli per la testa, tutta casa e massacrante lavoro in campagna.
La cosa fa riflettere soprattutto la moglie e le figlie (le figlie, ognuna con uno spicchio della personalità paterna), che si trovano a chiedersi se hanno conosciuto davvero Antonio Di Pinto.
Quando sembrano avvicinarsi a qualcosa capita che…
-Nell’aria le note di quattordici minuti di musica da ballo, il tutto sfuma di nuovo.-
10 giugno 1956: Antonino vive una vita povera, ma felice nella sua ottica di bambino, in quel della campagna di Bisceglie, prima che come molti altri figli del sud si ritrovi spedito su di un treno in direzione Milano, la Milano del 1956, da alcuni parenti lontani.
Qui Antonino crescerà (fin troppo in fretta) fra turni di lavoro di quattordici ore, la concezione che lo vuole ‘terrone e scarafaggio’, le sue prime erezioni, un frappo di botte e con lo sfondo di una città bellissima, misteriosa e a tratti così diversa come Milano sa essere.
Forse è qui la chiave per capire dove Antonino (oggi Antonio) sia sparito?
Potrebbe essere ma in fondo ci si perde in una miriade di emozioni che…
-Altre note di quattordici minuti di musica da ballo, il tutto sfuma.-
17 maggio 2019: Malusa fa la presentazione del suo libro in quel di Domodossola, io sono parecchio interessato perché dagli scampoli che ho letto la sua creatura mi piace molto e anche perché una diatriba sul web sul libro di Fabrizio Corona me l’ha fatta diventare da subito molto simpatica, ma non sono mai stato a una presentazione di un libro e temo di essere un cicinino inadeguato.
Quindi faccio quello che faccio sempre quando mi sento inadeguato.
Bevo.
Seguo la presentazione molto interessato (l’alcool a volte non serve davvero) e scopro che oltre la sparizione di cui avevo già letto, c’è una parte centrale che tutti quelli che si sono sentiti dare del terrone almeno una volta nella vita dovrebbero leggere per ricordarsi di quello che eravamo. E di come eravamo visti.
Mi ritrovo a presentazione finita seduto al tavolo di un bar a offrirle giri di spritz e a parlare di serie TV.
Se le presentazioni dei libri sono tutte così devo andare a più presentazioni di libri.
-Note-
4 settembre 2019: salgo su un treno diretto a Trieste che già prima della partenza ha un’ora di ritardo.
Essendo io (fra le altre cose) un procrastinatore del cazzo con enormi problemi nell’iniziare un nuovo libro prima di aver finito la pila che aveva già comprato, mi ritrovo solo ora a iniziare ‘In attesa degli altri trasmettiamo musica da ballo’.
5 ore di lettura ininterrotta dopo mi ritrovo ad avere fra le mani un libro con i controfiocchi.
Poi riguardo la dedica di maggio.
“Sei sicuro che vuoi che ci scrivo questo?”
“Più che sicuro!”
“Vado eh!”
‘A quello sporco terrone di Luca…’
In attesa degli altri trasmettiamo musica da ballo.
Ed. Bookabook
Voto: 10 Antonio Di Pinto su 10