Edward Theodore Gein

Il mio personale metodo per scegliere con quale film/videogioco/libro/serie tv trascorrere il tempo libero consiste nel NON scegliere affatto, affidandomi alla pura casualità. Se unite questo al fatto che soffro di un principio di disordine ossessivo compulsivo che mi obbliga moralmente a portare a termine ciò che inizio, potete capire perchè questa disfunzione negli anni mi abbia portato a passare attraverso grandi classici (Mamma Roma, Il sorpasso), perle stupende (Grosso guaio a Chinatown, Paura e delirio a Las Vegas), trashate infinite (Sharknado, The italian spiderman) e soverchie ore interminabili (Cado dalle nubi, Zabriskie Point) trascorse nel desiderare di essere colpito da un meteorite vagante.

Battute sui terroni! Battute sui froci! Battute sui negri! Battute sui terroni, froci e negri!
Non manca proprio nulla.

Mi sto concentrando sulla Settima Arte ma voglio essere chiaro: non ho l’arroganza di definirmi un cinefilo. Mi manca per essere tale tutta una serie di conoscenze riguardo a regia, fotografia, recitazione e in più sono a digiuno di parecchi capisaldi di genere, fra cui l’horror.

Perchè questa introduzione? Perchè una delle prime informazioni che vengono sbattute in faccia cercando notizie sulla Personalità Buffa di oggi è che ha ispirato film come: ‘Non aprite quella porta’, ‘Psyco’ e ‘Il silenzio degli innocenti’. Tutti lungometraggi che ammetto candidamente di non aver mai visto, pur conoscendone a grandi linee la trama. Comunque abbastanza per capire il tenore della storia che narrerò oggi.


27 agosto 1906, La Crosse, Winsconsin: il nostro protagonista emette il suo primo vagito avvolto in un fagotto che l’ostetrica prova a passare alle braccia della madre, Augusta Lehrke, che per tutta risposta scuote la testa con gli occhi iniettati di sangue iniziando a sussurrare torva riguardo “l’arroganza degli uomini che sfidano la grandezza di Nostro Signore”. Stupita, la levatrice cerca con lo sguardo il padre, George Gein, ma lo trova in un angolo della stanza intento a menare con una bottiglia vuota il primogenito Henry (quattro anni) pregandolo in lacrime di farsi riassumere alla fabbrica di formaggio.

“Buona fortuna piccolo, ne avrai bisogno…” sussurra la donna al fagotto, lo poggia sul letto e scompare nella notte.

“NON MI LASCI QUI! NON LO FACCIA!”

I coniugi Gein sono un tipico esempio di come la razza umana sia parecchio sopravvalutata: si odiano ferocemente ma rimangono insieme perchè il divorzio non è contemplato nel fanatismo religioso-luterano di lei, che rimane comunque lieta di farsi menare ogni sera da un marito alcolizzato poichè “le vie del Signore sono misteriose e piene di sberle”. George dal canto suo è riuscito a farsi licenziare più o meno da tutti i posti della città in grado di fornire un salario e trascorre le giornate in bettole malfamate per poi tornare a casa gonfio di vino a roteare i pugni su qualsiasi cosa respiri.

Essere figlio loro doveva essere meraviglioso…

La famiglia riesce a non morire di stenti solo grazie ad Augusta e al suo stipendio di droghiera con cui riesce addirittura a risparmiare -presumo nascondendolo al marito- quel tanto che basta per comprare una fattoria alla periferia di Plainfield, una minuscola cittadina vicina.

Un ridente posto in cui vivere, salta subito all’occhio.

Ecco una giornata tipo di Edward e suo fratello:
sveglia alle quattro del mattino, lavoro nei campi, pausa per tentare di imparare a leggere la Bibbia, altro lavoro nei campi.
Nel pomeriggio la madre gli inculca per ore concetti su l’innata immoralità del mondo esterno e sul fatto che tutte le altre donne del pianeta sono delle puttane poichè: “l’unico sesso accettato da Dio è quello fatto per procreare”.
La sera il padre rientra ubriaco, prova a procreare all’urlo di: MANNAGGIA AL DEMONIO AUGUSTA! SE DIO NON ME LO VOLEVA FAR USARE NEMMENO ME LO DAVA! dopodichè ramazza di botte sedie, tavoli, moglie, bambini e animali e si addormenta in quello che rimane della casa, cagandosi addosso.
A quel punto la madre scende le scale con gli occhi pesti e a lume di candela inizia a sussurrare ai figli terrorizzati dei passi dell’Antico Testamento riguardanti morte, omicidio e punizione divina.


Non vedo come qualcosa possa andare storto.

Edward a dieci anni sta osservando i suoi genitori mentre macellano un maiale e ha una strana sensazione al basso ventre, che aumenta di intensità fino fargli raggiungere il primo, potentissimo, orgasmo della sua vita proprio quando le urla d’agonia del suino vanno affievolendosi.

Contro ogni previsione, il nostro protagonista riesce a sopravvivere fino alla pubertà e come ogni buon ragazzo in preda agli ormoni scopre le gioie provocate dall’attrito del palmo delle mani sul glande.
Traducendo: si ammazza di seghe!

La masturbazione è uno di quegli argomenti che tratterei volentieri e allegramente per delle ore, ma nel caso di Edward c’è il piccolo problemuccio di avere una madre completamente folle che si aggira per casa sproloquiando versi della Bibbia.
Un pomeriggio il nostro eroe si sta dedicando ad un cinque contro uno subacqueo (NON è un handicap match di pallanuoto) nella vasca da bagno, quando Agatha apre a testate la porta, trova il figlio con le ‘mani nel pacco’ e decide per l’unico gesto educativo possibile: GLI STRIZZA LE PALLE URLANDO CHE SONO ‘LA MALEDIZIONE DELL’UOMO’ MENTRE GLI IMMERGE LO SCROTO NELL’ACQUA BOLLENTE SALMODIANDO I SANTI.

Scostati, Montessori.

Augusta, madre modello.

Dopo ventuno anni di questa magnifica vita Theodore è venuto su un filino disturbato: è esile, timido, riservato e sogghigna spesso senza ragione quando l’argomento vira su morti, guerre o incidenti mortali.
Siamo agli inizi del ‘900, nelle campagne del Wisconsin, qualunque tipico maschio alpha americano DOC se lo ritrova davanti opta per ramazzarlo di botte, sfogando così la tensione di essere un tipico maschio alpha americano DOC.

1940: George ha un coccolone e muore (l’alcolismo richiede un alto tributo alla vita prima o poi) lasciando famiglia e fattoria nelle folli mani della moglie. Subito Agatha fa promettere alla sua prole davanti al Cristo che nessuno dei due figli romperà mai il sacro vincolo della verginità.
Quattro anni dopo Henry, il primogenito, ritrovandosi da tempo nel ruolo dell’uomo (sobrio) di casa, decide che QUARANTADUE ANNI di boiate religiose imposte dalla madre possono essere sufficienti. Prova a discutere con molta calma col fratello di quanto lui si senta oppresso da questa vita di clausura e gli racconta di come la soglia della verginità lui l’abbia già varcata più volte.
Poi va a dormire.


“Tranquillo fratellone! Resterà una cosa fra me e te!”.

La notte stessa un furioso incendio divampa nel granaio e quando si riesce finalmente a spegnerlo per fare la conta dei sopravvissuti, Henry manca all’appello.
“Non ho davvero idea di dove possa essere! L’ho perso di vista in mezzo a tutto quel fumo! Ma se volete POSSO DIRVI ESATTAMENTE DOV’È!
La frase di Edward fa inarcare un sopracciglio a più di uno dei poliziotti accorsi sulla scena e una volta che il corpo del fratello viene ritrovato carbonizzato CON UN VISTOSO TRAUMA ALLA TESTA sono in molti ad essere propensi a mettergli le manette.

Incredibilmente però il perito legale attesta invece che il primogenito di casa Gein è morto per asfissia e il trauma deve essere dovuto post-mortem a causa del crollo del tetto del granaio.
Theodore è finalmente tutto solo con l’adorata madre, che se lo coccola in un misto di perversione Lannister e una qualsiasi delle categorie ‘Not my real mother’ che potete trovare su YouPorn.

“Wake up!”

La pacchia dura peró pochi anni in quanto un ictus in due tempi decide di portarsi via la ‘santa’ donna.
29 dicembre 1945: il nostro protagonista perde ciò che molti psicologi criminali diranno in seguito essere “l’unico filo che ancora ne preservava la sanità mentale”.
Un gran bel filo di merda se consideriamo quanto ha fatto fin qui.

17 novembre 1957: Bernice Worden, la commessa della drogheria di Plainfield (nonchè madre del vicesceriffo) scompare nel nulla mentre è di turno in negozio. Non è un furto, non è un rapimento, non si capisce cosa sia potuto succedere.
Interrogando a destra e a manca viene fuori che uno degli ultimi ad avere avuto dei contatti con lei è il buon Edward, che viene messo TRA i sospettati diventando quasi subito IL sospettato non appena comincia a mostrare segni di nervosismo durante gli interrogatori.
Gli agenti optano per un’ispezione nella fattoria (negli diventata abbastanza fatiscente) e dentro un capanno trovano Bernice.

Quel che ne rimane almeno.

Il cadavere della donna, decapitato, è appeso per le caviglie e aperto in due a partire dalla vagina, gli agenti vorrebbero anche capire cosa ne è stato della testa, ma per il successivo quarto d’ora sono troppo intenti a vomitare il pranzo.
Una volta esauriti i conati gli viene dato il via libera dalla centrale per sfondare a calci la porta ed entrare in casa, ma quello che si trovano davanti va oltre ogni immaginazione.


Dappertutto regna la sporcizia e il disordine più assoluto (considerando che stiamo parlando di un cinquantunenne vissuto da sempre con la mamma non è nemmeno così strano), ma appesi alle pareti, sui mobili e nelle varie stanze vengono rinvenuti:

– quattro nasi.
– un gran numero di ossa umane.
– diversi teschi.
– DIECI teste di donna appese con dei chiodi a mò di trofeo nella camera da letto.
– alcuni metri di pelle umana usata come tappezzeria per muri e poltrone.
– ciotole per il pranzo ricavate da scatole craniche.
– un cuore.
– due labbra montate come applique a una finestra.
– un tamburo di pelle umana.
– un tavolo realizzato con dei femori (cosa che da tutto un altro significato al termine ‘GAMBA del tavolo’).
– NOVE maschere di pelle umana.
– una lampada ricavata da una colonna vertebrale.
– diversi vestiti realizzati in pelle umana.


Una lista da fare impallidire Giovanni Mucciaccia, specie considerando che non ha utilizzato nemmeno una goccia di colla vinilica.

Edward confessa agli inquirenti di aver nutrito il suo amore per l’arredamento d’interni principalmente violando tombe (diciotto in tutto) insieme ad alcuni omicidi di donne che gli ricordavano la sua tanto adorata madre: Bernice (ritrovata nel capanno), Mary Hogan (una cameriera di una taverna scomparsa nel ’54) e un’altra ragazzina data per dispersa decenni prima.

Molti studiosi negli anni hanno provato a introdurre la componente sessuale in questi delitti ma Gein ha sempre negato con forza di avere avuto rapporti con i cadaveri, più che altro PERCHÈ PUZZANO.

Nulla che un buon Arbre Magique oggi non risolverebbe.

Rimossa almeno l’accusa di necrofilia fece comunque scalpore la sua confessione di avere avuto come obiettivo finale quello di costruirsi un perfetto ‘abito da donna’, realizzato con i resti di vari cadaveri, per potersi finalmente trasformare anima e corpo nella defunta madre.

Impossibilitato a sostenere un processo dopo che diversi psichiatri lo dichiarano incapace di intendere e di volere, si prende un ultima grande vittoria prima di terminare i suoi ultimi sedici anni di vita in un manicomio criminale.

“Non ho mai ucciso un cervo”.

Una frase normalissima, per molti anche molto bella, che appare fuori contesto se proferita alle torme di giornalisti che assediano la centrale di polizia dove viene rinchiuso nei giorni immediatamente successivi alla sua cattura.

Una frase però decisamente inquietante per i suoi vicini di casa, a cui PER ANNI aveva portato diversi chili di carne, a detta sua proveniente da alcune battute di caccia.

EDWARD PER PARECCHIO TEMPO E’ RIUSCITO A FARE MANGIARE CARNE UMANA A TUTTO IL CIRCONDARIO!

 

Luca Porrello

Vivo in un bosco. Soffro di insonnia. La combatto scrivendo (e bevendo). E' partito tutto così. Se vi è piaciuto quello che avete letto cercate Personalità Buffe anche su Facebook.

Rispondi

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: