Carlos Henrique Raposo
Chiariamoci subito: non sono un grosso estimatore del sistema calcio.
La parte giocata può anche arrivare a piacermi e posso apprezzarla, il carrozzone di personaggi dubbi che si porta appresso ed i mostri in grado di generare (dai procuratori viscidi come un Jabba The Hutt immerso nella nutella, fino ad arrivare ai tifosi che uccidono e muoiono per novanta minuti di idiozia), con gli anni, ho imparato ad apprezzarli un po’ meno.
Mi scuserete quindi strafalcioni tecnici vari, ma sto per concentrarmi su un personaggio che ha vissuto per due decadi fra i buchi di un sistema profondamente corrotto principalmente grazie solo alla sua gran faccia da culo: è con sommo piacere che vi presento Carlos Henrique Raposo, detto “il Kaiser“.
Rio de Janeiro, ruggenti anni ’80.
Come tutti i ventenni brasiliani, Carlos ha una passione smodata per il pallone e sogna un giorno di poter entrare a far parte di una squadra importante.
C’è solo un particolare: il nostro eroe è uno scarpone, uno di quelli che non spiccherebbe nemmeno in una partitella di calcetto scapoli/ammogliati del sabato pomeriggio, figurarsi passare le selezioni per le teste di serie. Questo però non lo ferma, Henrique possiede una gran faccia tosta, che risulta simpatica a parecchia gente quasi istantaneamente ed ha dalla sua un fisico possente ed atletico, alla Beckenbauer, da cui deriva il suo soprannome.
Con queste due qualità inizia ad elaborare un piano…
Si fa prestare dei vestiti eleganti da un amico e gira imperterrito per i locali più chic della città. Si fa notare, offre da bere alle persone giuste e comincia a stringere contatti con i suoi bersagli, i calciatori professionisti.
Rocha, Renato Gaucho, Romario, Edmundo…in un paio di mesi la sua agenda si riempie di contatti, loro lo trovano meraviglioso per la sua personalità divertente -e per la droga e le puttane che gli procura a ritmo costante- e qui scatta la seconda parte della pensata.
Carlos prende da parte i suoi nuovi migliorissimi amici e li convince a parlare bene di lui ai piani alti delle loro società. Le voci si diffondono in fretta e potete capire anche voi che se arriva un Romario a garantirvi che c’è un giocatore fortissimo senza ingaggio e ad un prezzo popolare (ma comunque ben al di sopra dello stipendio di un brasiliano medio)…bhe, quantomeno gli date un occhiata.
Arrivato ai provini, Raposo si presenta dicendo di essere momentaneamente infortunato e fuori forma, le raccomandazioni varie gli evitano di essere cacciato subito a calci e con una sonora alzata di spalle viene ingaggiato come contropartita tecnica dei suoi amiconi che spingono per avere intorno lui e quello che può procurargli.
Pochi mesi dopo il Kaiser entra a far parte della rosa del Botafogo.
Qui elabora la tecnica che per due decadi gli consente di passare da un contratto all’altro senza doversi mai preoccupare di toccare un pallone:
Trascorsi i primi allenamenti con la squadra a fare giri di campo per fantomatici training differenziali prescritti dal suo dottore personale, Carlos si mette d’accordo con i suoi compari perché gli facciano un entrataccia durante la partitella e poter ripetere tutto l’iter daccapo adducendo a strappi muscolari non rilevabili con le apparecchiature di quegli anni, ma confermati da stuoli di medici pagati a mazzette.
Quando alla società di turno cominciano a girare le balle, basta alzare il telefono per trovare un altro dei suoi contatti pronto a ripetere tutto da capo, in un’altra squadra.
Come risultato della sua carriera ventennale vi riporto il suo cartellino di presenze che annovera alcune delle più importanti squadre del Brasile e che l’hanno portato a 46 anni a chiudere la carriera con un notevole conto in banca ed una manciata di scampoli di partite giocate.
Di seguito, alcune tra le sue gesta più gloriose:
– Durante il suo periodo nella Fluminense gira con uno dei primi cellulari modello cabina telefonica per fare telefonate negli spogliatoi in cui finge, in un pessimo inglese inventato, di prendere contatti con alcuni club europei, il tutto per spaventare i piani alti della società e farsi aumentare l’ingaggio.
Peccato che uno dei procuratori che sta vagando per gli spogliatoi l’inglese lo conosce bene e capisce subito che sta ripetendo a oltranza il corrispettivo calcistico della frase: “the cat it’s on the table“.
Il procuratore chiede spiegazioni e Carlos lo guarda con la sua migliore faccia da poker ( 😐 ) prima di correre velocissimo a fare dei giri di campo.
Poco dopo salta fuori che il prototelefono è in realtà un giocattolo.
– Diventa rapidamente l’idolo di qualsiasi compagno di squadra e dei vari albergatori, perché non appena la compagine di turno va in ritiro, Henrique affitta un intero piano dell’hotel dove alloggiano riempiendolo di troie.
– Prima di passare al Bangu convince un suo amico giornalista a fargli un enorme pubblicità sul corrispettivo brasiliano della Gazzetta dello Sport.
La cosa riesce talmente bene che gli arriva un ingaggio strapagato, ma durante la sua prima partita il presidente è gasatissimo per il nuovo acquisto e chiama l’allenatore per fare scendere in campo il nostro protagonista perché: “solo il Kaiser può risolvere questa partita!”.
Raposo è ovviamente terrorizzato di dover giocare davvero ma inizia a scaldarsi a bordo campo.
Fortunatamente per lui dagli spalti qualcuno gli dà del frocio per via dei capelli lunghi, cogliendo al volo l’occasione Carlos scavalca le transenne ed inizia una rissa che lo fa espellere evitandogli di essere schierato e smascherato.
Attualmente ritiratosi a vita privata, Raposo ciclicamente rilascia interviste a questa o a quella testata giornalistica sportiva raccontando la sua storia e nessuno in realtà può dirgli una beneamata mazza perché sostanzialmente ha solo fornito ad un sacco di gente legata al calcio parte di ciò che lo tiene in piedi: zoccole e droga.
Genio.